Capitolo 1
La luce del sole illuminava il
suo viso, i suoi profondi occhi brillavano di una luce intensa che proveniva
dalla sua anima. Gli occhi sono lo
specchio dell'anima, mi hanno sempre detto. E l'anima di Gabriel era
luminosa e incantevole. Tutto brillava nella sua persona, ma quando provavo a
entrare nella sua vita, lui si oscurava. Come la luna che attraversa il sole e
oscura il cielo azzurro, le tenebre che Gabriel portava dentro oscuravano la
sua meravigliosa anima. L'eclissi passava sempre dopo qualche ora, a volte
qualche giorno, e il suo animo tornava a splendere più che mai. Gabriel era un
medico e partiva spesso in Sud Africa per curare i suoi piccoli pazienti, vittime
della malnutrizione o di malattie i cui vaccini risultavano assenti. Quanti
bambini, mi diceva, aveva visto chiudere per sempre gli occhi per un banale morbillo.
Lo guardavo negli occhi quando parlava con amore del suo lavoro, oppure quando
piangeva perché, ancora, non riusciva ad accettare la morte.
<<Vuoi deciderti
a mangiare?>>, m'incalzò Gabriel mentre fissava il cielo limpido, sopra
la sua testa, e distendeva la schiena lungo la panchina di legno.
<<Abbiamo una vita tanto impegnata, non dovremmo sprecare i nostri
momenti liberi a rimuginare su ogni cosa>>, aggiunse, cercando di far
breccia nei miei pensieri.
Lo fissai, scuotendo la
testa per scacciare via quel turbine di domande che la sua osservazione aveva
scatenato. Non volevo assolutamente illudermi, per lui non era importante
passare il tempo libero con me, anche se la sua frase, per un po', mi aveva
fatto dubitare del mio pessimismo. Le attenzioni di Gabriel erano rivolte
totalmente al suo lavoro, alle sue missioni, alla cura dei bambini. Per lui,
una relazione stabile era impossibile, in ogni condizione. Ammiravo l'amore che
rivolgeva alle persone in difficoltà, lui era un angelo. Partiva
improvvisamente, senza dar peso alla sua vita, ai suoi impegni, al suo lavoro,
la famiglia, e la relazione, se così potevo definirla, con me.
<<Michelle, il
sole dona una luce meravigliosa ai tuoi occhi, anche quando pensi che al mondo
tutto vada storto>>.
Sorrisi, colpita perché
le nostre menti erano sintonizzate sullo stesso canale. Pensavamo sempre alle
stesse cose, o forse, io ero talmente ossessionata dal desiderio di farlo entrare
a far parte della mia vita che stavo vivendo parte della sua.
<<Oggi sei di
buonumore>>, scherzai, incapace di rispondere alle sue attenzioni per non
rischiare una delusione.
<<Perché dovrei
essere triste, ho tanti motivi per essere felice. Sai benissimo cosa vedo quando
parto in missione. Lì, una sola persona, per una maglietta pulita e un
pantalone, si sentirebbe la persona più fortunata al mondo>>, rispose
lui, riferendosi alla sua passione. Quando ne parlava gli brillavano gli occhi,
ma quando qualcosa andava male soffriva, e il suo sguardo si spegneva.
<<Siamo ricchi,
Gabriel, noi abbiamo tutto. Forse troppo>>, osservai, pensierosa.
Gabriel mi sorrise,
felice perché ero una delle poche persone che condividevano i suoi pensieri. Presi
la bottiglietta d'acqua dalla borsa e ne bevetti un sorso, avevo sete e
ingollai di fretta.
<<Devo dirti una
cosa>>, mi disse, cupo, facendomi andare di traverso l'acqua.
<<Piano>>, mi rimproverò.
Tossii e poi ebbi il
coraggio di guardarlo negli occhi che avevano perso nuovamente tutta la luce.
Si era chiuso, non avevo più alcun accesso alle sue emozioni. Succedeva sempre
così. Un attimo eravamo felici, ma nel momento in cui i nostri sentimenti si intrecciavano,
lui tornava a nascondersi, trascinandomi nel buio del suo stesso sguardo.
Gabriel non era in grado di realizzare che avrei fatto qualsiasi cosa per capire se potevo fidarmi di lui. Tutto
sommato, sarebbe potuto essere pure un angelo, ma quale creatura non nasconde
dentro di sé un arsenale di armi per difendersi?
<<Parla>>,
balbettai agitata, mentre cercavo di nascondergli le conseguenze delle
pugnalate al petto inferte dalla sua mano.
<<Devo partire, hanno
bisogno di me>>, sussurrò con lo sguardo basso.
Contai fino a tre prima
di parlare. Troppe vite dipendevano da lui e, malgrado soffrissi la lontananza,
ero orgogliosa di ciò che faceva.
<<Può sembrare
ingiusto, ma spero di rivederti presto>>, gli confessai, ma mi pentii
immediatamente delle mie stesse parole. Gli avevo fatto capire che desideravo
rivederlo al suo ritorno. Questo significava che lui avrebbe dovuto definire la
nostra relazione. Gabriel sospirò e poi chiuse gli occhi, mentre sentivo di
avergli appena lanciato una bomba a mano.
<<Di' qualcosa,
ti prego>>, aggiunsi, ormai con l'acqua alla gola, mentre rischiavo di
perdere anche questa sorta di relazione che lui preferiva chiamare "uscita
tra amici". Rifiutava qualsiasi tipo di relazione.
<<Tornerò
presto>>, disse, poi voltò lo sguardo verso il cielo e chiuse gli occhi,
mentre sentivo che si tratteneva. <<Mi aspetterai anche questa
volta?>>, aggiunse, tutto d'un fiato.
Sgranai gli occhi,
sorpresa. Questo non era da lui.
<<Ti
aspetterò>>, sussurrai accanto al suo orecchio, poi mi appoggiai sopra il
suo petto e lo abbracciai. Lui mi strinse forte e mi cullò, sfiorandomi le
labbra con le sue e dimenticandosi, per il momento, del mondo intero.
Capitolo 2
Sembrava così banale
associare il mio stato d'animo alle nuvole che osservavo fuori dalla finestra.
Giravo intorno alla stanza, ruotando con la sedia girevole, malinconica e in
attesa di notizie da parte di Gabriel. Come sempre, si era allontanato da me e
stavolta non avrei potuto fare nulla per evitarlo. Non avrei potuto
raggiungerlo, perché lui era troppo lontano. Era partito ancora una volta e non
avrei potuto far altro che attendere il suo ritorno, in ansia.
Durante i suoi viaggi
mi raccontava le sue giornate, come un diario, nelle sue e-mail. Quante volte
mi ero persa tra le sue parole, commossa o divertita. Era un abile narratore,
ma non era questa la caratteristica che rendeva le sue storie meravigliose. Lui
mi raccontava ogni dettaglio con amore e passione, oppure con dolore quando
qualcosa andava male. E purtroppo, laggiù, non tutto andava come tutti
desiderassero.
Lo schermo del computer
era ancora bianco, nessuna casellina gialla che mi avvisava di una nuova
e-mail, nessun racconto di Gabriel. Da una settimana non avevo più sue notizie,
ma continuavo a ripetermi che forse era stato così impegnato da non avere due
minuti liberi per me. Le sue parole, nei momenti in cui mi mancava
tremendamente, risuonavano nella mia testa: "Mi aspetterai, anche questa
volta?".
La suoneria del
cellulare mi risvegliò dal torpore e mi alzai per rispondere alla chiamata.
Speravo tanto che fosse Gabriel, ma sapevo che non era suo solito comunicare
con me con le chiamate, soprattutto quando si trovava così lontano. Si trattava
di una chiamata della mia responsabile, per avvisarmi dell'arrivo del nuovo
materiale promozionale. Tirai un lungo respiro e mi preparai per andare a
ritirare l'occorrente per il mio lavoro. Da tempo trascuravo un po' la
gestione, ma ero sempre disponibile ad assistere il mio team per ogni
occasione. La distanza con Gabriel aveva creato una sorta di schermo che si
poneva tra me e il mondo esterno. Qualsiasi cosa che non riguardasse lui, si
trovava al di fuori di esso. Peccato che lo schermo non fosse dotato di
specchio, altrimenti mi sarei resa conto del modo in cui stavo trascurando la
mia vita e il mio aspetto. Lo sapevo, ma sinché non lo avessi visto realmente,
non l'avrei accettato.
Incidentalmente poggiai
una mano sulla tastiera, mentre mi infilavo la maglietta, muovendo il cursore
del mouse. Lo screen-saver svanì e davanti ai miei occhi trovai una nuova
e-mail. Come se si fosse appena alzato il sipario e gli attori fossero entrati
in scena. Osservai la bustina gialla chiusa, agitata, indecisa se aprirla o temere
ancora il suo contenuto.
From:
Dott.DuncanGabriel@live.com
Sent:
08/10/2012 16.05.00
To: MichelleMorot@gmail.it
Subject: Re: Fatto buon viaggio?
Buonasera
Michelle, mi devo scusare per l'effettivo ritardo della mia risposta. Come
saprai, non abbiamo tempo libero e, a dir la verità, quando mi trovo qui mi
estraneo completamente dal mondo esterno: l'Italia non esiste più.
Qui la
situazione sta diventando intollerabile, scarseggiano i servizi
igienico-sanitari, e con l'arrivo della stagione delle piogge siamo tutti molto
preoccupati.
Sta
diventando un incubo, Michelle, non possiamo aiutare tutte queste persone.
Continuano ad arrivare rifugiati anche dalla Somalia e non c'è più spazio
all'interno delle nostre strutture, così si accampano fuori, intorno alle tende.
Mi piange il cuore quando vedo tanta sofferenza, non capisco perché dall'altro
campo non ci diano ancora notizie. Sapevo che era tutto pronto e c'era
abbastanza posto per tutti questi rifugiati, e non capisco cosa stiano ancora
aspettando ad aprirlo.
Questa
mattina ho fatto circa sessanta visite mediche. Ho trascorso una settimana
senza sosta nel reparto di terapia intensiva per i pazienti malnutriti, e
ancora soffro perché non riesco a rassegnarmi quando arrivo troppo tardi.
Perché,
Michelle, la vita per questi bambini è così maledettamente tragica? Perché la
loro vita è considerata un mondo estraneo e non riescono ad evitare che la loro
salute degeneri? Malnutrizione, dannazione! Questi bambini non hanno niente da
mangiare!
Mi sento
così dannatamente ricco e mi vergogno di esserlo. Dovrei trasferirmi qui per
sempre e occuparmi di loro.
Ti avviso
che non sarò più tanto presente, non ho un attimo libero.
Ti auguro una buona serata.
Dottor Duncan Gabriel - Ospedale Pediatrico San
Marco Perugia.
Medico volontario Aida Mainas - Kenya (Likoni)
L'email di Gabriel mi
aveva lasciato senza fiato, malgrado la mia coscienza mi informasse che dovevo
avere a cuore il suo lavoro. Lottai contro le lacrime provocate dal suo scarso
interesse nei miei confronti, mentre dicevo a me stessa che la vita di quei
poveri bambini era in primo piano. Dovevo sacrificare la nostra - come dire -
relazione e pensare al bene delle persone di cui lui si occupava. Ma non
riuscivo a non pensare ai miei desideri, ai nostri momenti trascorsi insieme,
al futuro.
Se solo fosse stato
crudele con me, io sarei andata via e avrei cominciato una vita lontano da lui.
Non chiedevo tanto, non desideravo che rinunciasse al suo lavoro, semplicemente
chiedevo la conferma della nostra relazione. Mi sentivo in una grande stanza
vuota con solo due porte: una conduceva a lui, l'altra a una nuova vita. Non
sapevo cosa fare, ma ero certa che avrei atteso la sua decisione, in questa
sala, per tutta la vita.
"Ti avviso che non
sarò più tanto presente".
Un senso di vuoto nel
torace mi impediva quasi di respirare, mi scavava nel profondo e il respiro
saliva a fatica lungo la gola. Il mio respiro caldo, sofferente, proveniente
dalle fiamme del dolore che provavo, mi scuoteva nel profondo.
Un tè con le amiche più
care, meravigliose per i loro consigli, mi diede un po' di conforto. Fuori
pioveva, le vetrate del bar erano leggermente appannate per via del calore
all'interno del locale. Sospirai davanti a quel tempo che rifletteva il mio
umore.
<<Devi deciderti
a fare la prima mossa>>, mi consigliò Evelyn, la mia cara amica bionda,
la più esuberante del gruppo. I suoi modi di fare erano leggermente goffi,
quando si muoveva era capace di rovesciare qualsiasi cosa intralciasse il suo
cammino. Era divertente.
<<Hai ragione,
Evelyn. Non posso continuare a camminare nel buio più totale, io devo sapere.
Malgrado questo momentaneo coraggio, però, so che anche dietro a un ulteriore
rifiuto d'impegno, continuerò a stargli accanto e ad amarlo. Per me, oltre a
essere l'uomo della mia vita, è un angelo meraviglioso. Rinuncia alla sua vita
per salvare tutte quelle persone in difficoltà, senza chiedere un centesimo. A
lui basta vedere il sorriso e il sollievo nel viso dei suoi pazienti. Lui… è un
angelo>>.
Evelyn e Cristina si
guardarono in faccia, ridacchiando.
<<Sei innamorata,
non puoi rinunciare a lui>>, mi disse Cristina. <<Ha ragione
Evelyn, dovresti confessargli tutto. Non puoi più tenerti dentro i tuoi
sentimenti. Ti sentirai meglio quando l'avrai fatto. Devi fidarti. Male che
vada, tu ti sarai tolta un peso>>, concluse, e poi sorseggiò il suo tè
alla ciliegia.
Appoggiai le labbra
sulla tazza e respirai a fondo, inebriandomi del profumo del tè al Guaranà.
<<Devo
scrivergli, allora>>, dissi e poi poggiai la tazza sul tavolino. Ero
decisa a fare la prima mossa. Subito.
Evelyn sorrise e poi
disse:
<<Hai uno smartphone,
puoi farlo subito. Meglio approfittare di questo stato d'animo. La tua email
risulterà più sincera. Noi non ti guardiamo, fai con calma>>.
Annuii e presi lo smartphone
dalla borsa. Mi collegai su Hotmail e inserii l'indirizzo email di Gabriel.
"Non sarò più
tanto presente". Il suo avviso continuava a tormentarmi. Non avrei
ricevuto subito una risposta da lui, avrei sofferto per giorni prima di una sua
risposta. Ne ero certa.
Tirai un respiro
profondo e cominciai a scrivere, le parole arrivarono improvvise e inaspettate
dal profondo del mio cuore. Tutte quelle parole che non avevo mai detto, tutte
quelle emozioni che avevo celato scorrevano rapide nel display.
A: Dott.DuncanGabriel@live.com
Oggetto: Vorrei che tu leggessi con attenzione.
Amore,
questa notte ti ho sognato: le tue braccia forti mi cingevano in un abbraccio
caloroso. Mi sentivo protetta, come solo tu sei in grado di fare. Sento ancora
il tuo profumo e il battito del tuo cuore affianco al mio orecchio.
Vorrei
essere con te in questo momento, ma vorrei esserci completamente, non solo
fisicamente. Sento nuovamente quel brivido, quella passione che solo tu sei in
grado di darmi. Quella passione che, malgrado l'intensità, decidi di spegnere e
alimentare secondo il tuo stato d'animo.
Ogni
volta che ci separiamo, spegniamo quella fiamma con la consapevolezza di
poterla alimentare ancora, un giorno. Senza una data, senza tempo, tu sei
l'artefice di quella forza e puoi decidere quando farla esplodere in tutto il
suo splendore.
Ti scrivo
perché solo in questo momento ho trovato il coraggio di dirti ciò di cui ho
bisogno. Continuo a sentirmi cieca, in una sala in cui ci sono varie porte, ma
non sono in grado di varcarne alcuna perché sei tu che devi dirmi cosa fare.
Sono stanca di celarti i miei sentimenti, io voglio sapere cosa sono realmente
per te. Non voglio essere più un'amica, ormai ci frequentiamo da tanto tempo.
Adoro la passione che ti illumina gli occhi quando parli del tuo lavoro, è
commovente. Non ti chiederei mai di rinunciare a questo per stare con me.
Ricordatelo: io mi sono innamorata della persona che sei e non potrei mai
privarti di ciò che ti rende felice, di ciò che fai per aiutare le persone in
difficoltà. Gabriel, tu sei un angelo meraviglioso e non mi stancherò mai di
dirtelo.
Ti prego,
continua a parlarmi delle tue giornate, delle persone che fai sorridere. Io
sono qui per ascoltarti e ci sarò sempre… se lo vorrai.
Desidero
solo avere delle risposte. Desidero sapere se stiamo insieme, se tu vuoi avere
un futuro accanto a me. Non devi nasconderti dietro il timore che io possa
portarti via tutto. Non lo farò mai.
Io sono
qui con te e ci sarò sempre.
Dobbiamo
fare qualcosa per entrambe. Voglio che sia tu a prendere la decisione sul
nostro futuro, sulle fiamme della nostra passione. Se desideri far ardere
ancora questo fuoco, senza spegnerlo mai, sappi che io starò sempre al tuo
fianco.
È
doloroso, ma devo chiederti di assumerti la responsabilità di un nuovo inizio o
di una fine. E ti scrivo la parola fine con le lacrime agli occhi, perché non
vorrei mai che tu scegliessi questo.
Io non
sono abbastanza forte, perciò ti chiedo di andare via tu dalla mia vita se non
desideri stare realmente al mio fianco.
Se sei un
uomo, trova il coraggio di fare ciò che io non riesco a fare.
Ti prego,
lasciami andare, se non vuoi stare insieme a me.
Michelle Morot
Addetta gestione vendite Mon Amour s.r.l
Evelyn e Cristina mi
guardarono attentamente non appena sollevai lo sguardo dal display. Avevo
appena premuto invio. Avevo affidato a un semplice tasto la responsabilità del
mio futuro. La fine della mia "relazione" con Gabriel, oppure un
nuovo inizio.
<<Sei stata
bravissima>>, mi disse Evelyn.
Sorrisi, mentre dentro
morivo dall'ansia, dal timore di non ricevere alcuna risposta. Se mi avesse
ignorato, avrei avuto ancora il coraggio di pretendere delle risposte?
Asciugai una lacrima
con l'orlo del maglione, mentre Cristina mi accarezzava le spalle per
confortarmi.
<<Andiamo a
mangiare una pizza, forza. E poi si balla!>>, esclamò lei, pronta a non
farmi pensare più a nulla.
Sospirai e poi sorrisi,
grata per il conforto che solo loro due sapevano offrirmi. <<Va
bene>>.
La pizza fumante pareva
invitante, ma il mio stomaco protestava l'ingerimento di qualsiasi alimento.
Ero troppo tesa per mangiare.
<<Sai, se si
trattasse di un ragazzo qualunque… senza aspirazioni, senza cuore, ti direi ben
altro. Ti direi che potresti essere attratta più dal desiderio di avere
qualcosa che non puoi avere, che ti sfugge, rispetto a ciò che insegui. Ti
direi che non sai realmente cosa insegui, perché è solo il desiderio di
raggiungere la meta che ti interessa. Ma non è così e proprio per questo devi
lottare per ciò che vuoi>>, mi spiegò Cristina, assorta in una
riflessione profonda mentre ammirava la sua pizza vegetariana.
<<Cristina, tu
sei accecata dal desiderio di addentare la prima fetta. Fra un po' arriverà
anche la mia pizza, non c'è bisogno che aspetti>>, scherzò Evelyn, per
alleggerire la tensione e cancellare il commento fuori luogo di Cristina.
Ridacchiai, e poi mi
rivolsi a Evelyn. <<Tu pensi che il desiderio di avere Gabriel tutto per
me sia dovuto a un istinto possessivo? Pensi che io non sia attratta dalla sua
personalità?>>.
Evelyn scosse la testa,
decisa. <<Assolutamente no, Cristina ha fatto una premessa prima di
parlare senza pensare. Lei ha detto che Gabriel non è un ragazzo
qualunque>>.
Cristina appoggiò la
fetta di pizza sul piatto, masticò velocemente e parlò:
<<Dovresti farti
desiderare. Fargli perdere la testa! Insomma, se state insieme da un anno e
mezzo significa che lui ci tiene a te. Forse… dovresti mettergli paura… fargli
vedere che potresti andartene via e lasciarlo solo>>.
Cristina aveva detto
una cosa sensata, malgrado la sua attenzione fosse quasi completamente rivolta
alla pizza. Un ottimo consiglio, ma che non sarei mai stata in grado di seguire
alla lettera. Come avrei potuto fare un torto del genere al ragazzo che amavo,
all'angelo che salvava ogni giorno delle vite. Il solo pensiero mi faceva
sentire un mostro.
<<Non è così
facile>>, ammisi dopo aver riflettuto a fondo.
Evelyn annuì,
completamente d'accordo. <<Innanzitutto non puoi permetterti di giocare
con i suoi sentimenti tramite e-mail, distanti. Specialmente, mentre dalla sua
attenzione dipendono tante vite. E se tornasse qui da te, rinunciando a tutto?
Tu non vuoi che lui rinunci al suo lavoro per te, non saresti umana se lo
facessi. Tu ti sei innamorata di quel medico, di quell'uomo che dedica la sua
vita a chi ha bisogno. Se lui rinunciasse a tutto per te, chi avresti al tuo
fianco?>>, Evelyn alzò la voce, attirando le occhiate dagli altri tavoli.
<<Tu mi capisci
perfettamente>>, dissi, sentendo dentro di me un calore profondo.
Comprensione.
<<Cristina>>,
disse Evelyn, lanciando un'occhiataccia all'amica, <<tu sei troppo
crudele con gli uomini, vuoi sempre averli tutti ai tuoi piedi>>.
Cristina ridacchiò.
<<Cerco solo di proteggermi, ma ora non c'è più bisogno perché l'uomo
della mia vita non mi farà mai del male>>, disse e poi ci mostrò l'anello
col brillante che gli aveva regalato il suo ragazzo.
Sgranai gli occhi.
<<Proprio l'uomo della tua vita>>, balbettai, ammirando la pietra.
Evelyn ridacchiò. <<Sei
tremenda>>, aggiunse.
<<Volete conoscere
il mio segreto?>>, ci domandò e poi ci fece cenno di avvicinarci a lei.
<<L'uomo insicuro è pericoloso, perché non si comprende mai il motivo dei
suoi strani comportamenti. Proprio per questo bisogna sollecitare il suo punto
debole, fondendolo alla gelosia. Bisogna sempre ricordare all'uomo quanto piena
e felice è la vita in sua assenza>>, sussurrò, sentendosi improvvisamente
saggia.
Ridacchiai.
<<Questo segreto ti ha fatto arrivare a un ricco imprenditore che ti
compra bei vestiti?>>.
Evelyn rise di gusto,
poi riempì il suo bicchiere con dell'acqua e mandò giù.
<<Ho delle altre
perle di saggezza, mie care>>, ci disse Cristina, con un sorriso
divertito sulle labbra.
<<Avanti>>,
disse Evelyn, avvicinandosi a lei, <<illuminaci!>>.
<<Mai rispondere
alle loro domande, dovete girare sempre la frittata a vostro favore!>>.
Evelyn sembrava
interessata all'argomento, ma sapevo che la sua intenzione era mirata al
divertimento. Avrebbe preso in giro Cristina per diversi anni a causa di questi
consigli.
Nel locale, il brusio
delle persone svanì, sostituito da una musica movimentata. Stavo per alzarmi diretta
a ballare, quando Evelyn mi strattonò per un braccio.
<<Le mie dritte
non volete saperle?>>, ci domandò.
<<Bene, ma fai in
fretta>>.
<<Cercherò di
essere breve>>, disse lei, poi si fece seria e continuò il suo discorso.
<<L'uomo, nella maggior parte dei casi, è un animale. Potrete averlo ai
vostri piedi se indosserete sempre le autoreggenti e le scarpe con il tacco.
Dovete sapere che il segreto per aggiudicarvi un posto nel loro cuore è…
scordare di indossare l'intimo>>.
Scoppiai a ridere e
scossi la testa. <<Ma dai…>>.
<<Non ho
finito>>, mi ammonì Evelyn.
<<La lentezza… è
un metodo di seduzione molto divertente>>, sussurrò Evelyn, divertita,
mentre ricordava qualcosa.
<<E
basta!>>, dissi imbarazzata, ridacchiando. <<Adesso voglio
ballare>>, esclamai mentre finivo di bere il mio drink.
<<Cameriere>>,
disse Cristina, voltandosi verso la cucina del ristorante, <<ci porti
altri tre Cosmopolitan e il conto, per favore>>.
<<Subito, signorina>>,
rispose il cameriere scuotendo la testa.
<<Okay, ragazze…
L'ultimo drink… poi si balla e si parte per una notte senza programmi>>, ci
disse Cristina, alzando il bicchiere per brindare.
<<Notte tra
donne, senza programmi>>, alzai il bicchiere quasi vuoto e sorrisi.
<<Wow! Ci sarà da
divertirsi>>, gridò Evelyn senza alzare il bicchiere verso di noi, ma
avvicinandolo alle sue labbra.
Bene. Una notte di
divertimento, danze scatenate e drink. Era proprio ciò di cui avevo bisogno.
Lasciarmi andare e non pensare più a nulla. Spegnere il cervello, eliminare i
pensieri, spazzare via le pressioni.
<<Sarà divertente…
e unico>>, dissi e buttai giù tutto il drink in un sorso.
Capitolo 3
Una serata divertente,
senza far alcun danno o tornare a casa completamente annebbiate dall'alcool, ci
eravamo promesse. E invece eccomi qui a pagare le conseguenze delle mie azioni,
mentre la mia coscienza non mi dava pace. Rivivevo attimo per attimo la lunga
serata con Evelyn e Cristina. Brevi flash dal primo drink sino al momento in
cui giunsi nella mia stanza in lacrime.
La discoteca pullulava
di gente, l'entusiasmo del nostro gruppetto attirava tutti gli uomini single e
anche quelli impegnati che non si tormentavano al pensiero di tradire la loro
partner. Come lui, Joseph, che con abili parole mi fece il lavaggio del
cervello. Anche se proprio lavaggio del cervello non era il termine esatto, perché
fui io a seguirlo di mia spontanea volontà.
Cristina ed Evelyn
erano scomparse mentre danzavo sopra il tavolo del privè, ma io continuai a
ballare senza preoccuparmi di loro. Se non avessi perso il controllo, sarei
andata a cercarle terrorizzata dalla loro scomparsa. E forse anche loro
avrebbero dovuto fare la stessa cosa per me, invece non lo fecero.
Joseph, l'uomo che
conobbi quella notte, senza domandare il permesso salì sul tavolo accanto a me.
Mi prese la mano con nonchalance e cominciò a ballare al mio fianco. Era un uomo
bello, con un fisico scolpito e sicuro di sé. Il suo sguardo m'incantava, i
suoi movimenti mi facevano tremare dal desiderio di avvicinarmi sempre di più
al suo corpo. Lui giocava a farsi desiderare: ogni tanto mi abbracciava, oppure
mi sfiorava il collo con le sue labbra, ma subito dopo si scostava portandomi
alla confusione. Lo desideravo più di quanto mai avessi desiderato Gabriel e fu
questo il pensiero che mi portò a non rifiutare le sue attenzioni. Ero convinta
che con Joseph avrei dimenticato Gabriel, cominciando una nuova vita senza
continuare a camminare nel buio. Anche se lo amavo, continuavo testarda a
lottare con questo briciolo di speranza. Ero testarda e volevo approfittare del
fatto che fossi ubriaca per potermi giustificare l'indomani, e fu così che mi
ritrovai in una stanza sconosciuta.
Joseph mi prese tra le
braccia e io non riuscii a distaccarmi dal suo forte abbraccio e dalle sue
labbra avide di me. Non mi ero mai sentita così desiderata, mi piaceva.
<<Michelle,
bellezza, non devi sentirti in colpa. Anche lui potrebbe tradirti con le sue
infermiere. Chissà quante volte l'avrà fatto. L'uomo è un animale e non riesce
a badare ai propri istinti>>, mi disse Joseph quando notò i miei
tentennamenti, facendomi risvegliare improvvisamente e capire che mi trovavo
tra le braccia di un playboy.
<<Devo andare
via>>, gli dissi io in quel momento, scostandolo con forza dal mio corpo.
Lui rimase indifferente, come la sua tecnica di seduzione gli imponeva di fare,
in attesa di un mio ripensamento.
<<Buonanotte,
Michelle. Fai sogni d'oro>>, mi disse lui, con tono serio, mentre mi
accompagnava alla porta.
Mi risvegliai un'altra
volta durante la notte e non fu una sensazione piacevole. Il mio stomaco
protestava continuamente e, in un certo senso, mi faceva scordare i sensi di
colpa. Mi alzai dal letto e andai in cucina a preparare una camomilla. Forse mi
avrebbe aiutato a dormire serena e a rilassare lo stomaco.
Accesi il fornello e vi
adagiai sopra il pentolino con l'acqua. Alzai la fiamma per fare più in fretta.
Mentre l'acqua si scaldava, osservai addolorata il calendario dell'associazione
per cui lavorava Gabriel. Avevo comprato quel calendario per beneficienza. Pensavo
spesso che noi, persone comuni con un tetto sulla testa, ci lamentiamo quando
ci manca il televisore ad alta definizione, la ricarica telefonica si
esaurisce, oppure quando desideriamo un nuovo paio di scarpe. Desideri
superficiali. In Kenya è diverso: tutti questi nostri desideri non esistono,
non sono neanche comprensibili nella mente di quelle povere persone. Quante
volte Gabriel mi aveva mostrato i video della consegna di abbigliamento e
giocattoli. La cosa straordinaria era che i bambini si precipitavano con gioia
verso i vestiti, i giocattoli, invece, per loro erano delle cose accessorie.
Non erano importanti quanto una nuova maglietta e un pantaloncino, oppure un
berretto per riparare la testa dal sole. Noi, persone fortunate, abbiamo tanto
da imparare da queste povere persone.
L'idea e l'ebollizione
dell'acqua giunsero all'unisono, come se quello che avevo in mente potesse
risolvere tutto ciò che non andava nella mia vita: il lavoro che non mi
soddisfaceva per niente e un'esperienza di vita che mi avrebbe insegnato tanto.
Gli occhi del bimbo kenyota sul calendario mi fissavano, come a suggerirmi che lui
aveva bisogno anche di me. Come se volesse dirmi che in cambio mi avrebbe
insegnato il vero amore per la vita. Non avevo alcuno studio alle spalle nel
campo della medicina, ma i volontari erano sempre accolti a braccia aperte.
Avrebbero trovato un compito anche per me.
Versai la camomilla
nella tazza e mi spostai in salotto, accanto al computer portatile. Fissavo
attentamente quello strumento che mi avrebbe indirizzata, con un click e poche
parole, verso una nuova vita. Adesso cominciavo a capire come si sentiva
Gabriel quando mi lasciava qui in Italia. Sentivo uno strano senso di libertà, perché
imminente ci sarebbe stata una fuga da questa vita facile ma insoddisfacente.
Un'eccitazione che nasceva dal profondo del cuore e si diffondeva per tutto il
torace, facendo aumentare i battiti del mio cuore. Stringevo la tazza tra le
mani, mentre ancora fissavo il computer, assaporando quel profumo dolciastro.
Scattai subito, decisa, e avviai il computer. Mi collegai sul sito internet
dell'associazione di volontariato con cui collaborava Gabriel. Le dita mi
tremavano dalla tensione e dall'eccitazione, scorrere le pagine con tutte le informazioni
diventava sempre più complicato. Pensavo alla reazione di Gabriel se
l'associazione Aida Mainas avesse accettato la mia candidatura. Avrebbe potuto
odiarmi e chiudere definitivamente con me, io d'altronde non potevo sapere se
lui in quel luogo avesse una relazione con qualche infermiera. Oppure… finalmente
avremmo vissuto felici, instaurando una vera relazione. Sospirai e poi scossi
la testa, pessimista. Gabriel non avrebbe mai definito la nostra relazione,
anche se io fossi partita con lui. Mi morsi un labbro, preoccupata, mentre
giungevo alla conclusione che forse sarebbe stato meglio non dire nulla a
Gabriel della mia richiesta. Questa scelta, in ogni caso, non dipendeva da lui
e le mie future partenze sarebbero state indirizzate a una nuova esperienza di
vita. Decisa, cominciai a scrivere il messaggio di candidatura con gli occhi
fissi sullo schermo e un solo pensiero in testa: una nuova vita.
Gentilissimo
dottor Guioni Paolo Anselmo,
sono
Michelle Morot e desidero collaborare con la vostra illustre associazione Aida
Mainas. Non ho esperienze nel campo della medicina, ma posso dedicarmi a
qualsiasi altra mansione. Nella mappa del sito ho visto i vostri numerosi campi
e ospedali e vorrei chiedere se fosse possibile offrire il mio aiuto nel campo
in cui lavora il Dottor G. Duncan.
Distinti
saluti
Michel
Morot
Capitolo 4
Trascorsero due
settimane dall'incontro con Joseph e ancora mi domandavo se la mia reazione
fosse stata quella giusta. Lui mi chiamava spesso, tormentato dall'insicurezza,
ferito nell'orgoglio di playboy.
Il direttore
dell'associazione Aida Mainas non mi aveva risposto personalmente, ma una sua
volontaria mi aveva spedito i documenti per le vaccinazioni e passaporto. In
caso di partenza era necessario essere in regola con le vaccinazioni, i
volontari non avrebbero dovuto perdere tempo e denaro a curarmi in caso di
malattia. Alcuni vaccini li avevo già fatti tempo fa, quando partii a Zanzibar
con Evelyn, ci avevano raccomandato di essere prudenti per la nostra salute.
C'era freddo questa
sera e forse sarebbe nevicato, il massimo delle aspettative per il Natale. Qui
a Firenze la neve non ci faceva visita da circa tre anni, ma forse stasera
sarebbe tornata a spargere un po' della sua magia.
Sorseggiai una
cioccolata calda accanto al caminetto e decisi di perdermi per qualche ora tra
le pagine di un libro. Ammirai la mia libreria nella parete affianco e, con lo
sguardo, selezionai dei titoli di romanzi fantasy. Senza alcun dubbio, avevo
bisogno di un briciolo di magia. Appoggiai la tazza e mi allungai verso la
libreria per afferrare il romanzo di una giovane autrice poco conosciuta, il
titolo del romanzo mi emozionava ancor prima del testo: Il mio angelo. Sollevai
con delicatezza la copertina e inspirai il profumo delle pagine lette e
rilette, mi soffermai sull'introduzione e m'immersi completamente nella
lettura.
Completamente
estraniata dal mondo che mi circondava, catapultata in un luogo in cui l'amore
era magico, sussultai quando sentii bussare alla porta. Dovetti scuotere la
testa per riordinare i pensieri e rendermi conto che mi trovavo nel salotto di
casa mia, nell'anno duemilatredici e con un ospite che bussava alla porta.
Ancora qualche colpo impaziente sul legno. Misi il broncio e aprii con furia la
porta, con una smorfia in viso che si tramutò in stupore.
<<Disturbo?>>.
<<Tu?
Nevica>>, dissi imbambolata mentre mi reggevo allo stipite della porta.
<<Un brusco
cambio di temperatura. Ti dispiace se entro in casa?>>.
Tremai e mi guardai
intorno, mentre la neve cadeva sul suolo e ricopriva di magia l'intera città.
Firenze era ricoperta dalla magia della neve e l'uscio di casa mia ne era la
prova. Aveva sparso la sua magia nella mia vita, nella mia casa: il mio angelo
era davanti ai miei occhi.
Balbettai mentre
fissavo il suo corpo, ancora incredula, mentre ricollegavo i ricordi con
l'immagine che avevo davanti.
<<Michelle, sto
morendo di freddo!>>, mi rimproverò lui.
<<S-s-scusa,
entra pure>>, dissi con il cuore a mille, ormai vicina alla
realizzazione.
Lui entrò e s'inchinò
vicino al caminetto per scaldarsi le mani, mentre io restai imbambolata al
centro della stanza a fissarlo.
<<Michelle>>,
mi chiamò lui, voltandosi appena per incrociare il mio sguardo, <<sono
io, sono tornato per te>>.
Ancora non mi ero resa
conto delle valigie che sostavano accanto all'ingresso. Significava che era
tornato per me, si era diretto subito a casa mia.
<<Gabriel>>,
pronunciai il suo nome a voce alta e la sua presenza divenne reale anche per la
mia mente. Sentivo gli occhi umidi perché temevo di illudermi ancora, ma
desideravo credere che lui era qui perché mi amava.
<<Michelle, stai
bene?>>, mi domandò lui, mentre si allontanava dal caminetto per venirmi
incontro.
<<Sì>>,
dissi con un sospiro mentre gli andavo incontro.
Appoggiai la testa
sulla sua spalla e lo abbracciai, lui mi baciò la fronte e mi strinse forte
contro il suo petto. Sentivo il suo cuore battere, un suono che mi era mancato
tanto. Il suo profumo mi inebriava e riempiva quel cassetto della mia memoria
che era rimasto chiuso.
<<Michelle, avevo
bisogno che tu mi parlassi a cuore aperto. Sei proprio sicura di amarmi così
come sono?>>, mi domandò lui.
L'aria mi si bloccò in
gola per lo stupore. Quante volte avevo desiderato sentire queste parole,
temevo quasi di essermi assopita durante la lettura.
<<Gabriel, io ti
amo>>, risposi, e il cuore cominciò a battere per la felicità.
<<Ti amo,
Michelle>>, sussurrò accanto al mio orecchio, mentre accarezzava le ciocche
dei miei capelli.
<<Gabriel, è
reale tutto questo?>>, gli domandai, ma mi sentii subito sciocca per la
domanda. Stentavo ancora a crederci, perché era tutto troppo bello.
<<Aspetta qui>>,
mi disse mentre mi faceva accomodare sulla poltrona, <<non ti muovere>>.
<<Va
bene>>.
Gabriel tornò dopo
pochi minuti con una scatola di legno tra le mani. Si sedette sul tappeto ai
miei piedi e mi fece vedere quel capolavoro, poi aprì la scatola e mi mostrò le
meraviglie al suo interno. Presi una collana decorata da perline in vetro
bianche, un gioiello favoloso nella sua semplicità.
Gabriel mi osservava
mentre tenevo la collana tra le mani, quasi indeciso se parlare o tacere.
Conoscevo bene la sua espressione, era combattuto.
<<Parla,
avanti>>, lo incitai.
Lui fece un respiro
profondo e mi prese una mano, sorridendomi. Era splendido. Quando il suo cuore
era visibile, quando mostrava le sue emozioni senza nascondersi dietro a una
corazza, era meraviglioso.
<<Ho trascorso un
po' di tempo con una donna kenyota e il suo bambino, gravemente malato per una
banale parassitosi intestinale. Il bambino mostrava i sintomi di uno stadio già
avanzato della parassitosi, quindi è stato semplice diagnosticarla. Non è stato
semplice curarlo, abbiamo dovuto attendere dei giorni per l'arrivo dei farmaci
anti-parassitari. Ancora non volevo credere che nel campo fossero sprovvisti di
un farmaco che utilizziamo per il 50% dei pazienti. Basta bere l'acqua dalla
fonte sbagliata e rischi di ammalarti. Comunque, durante i giorni di attesa dei
farmaci sono stato vicino alla donna e al bambino, abbiamo fatto il possibile
per nutrire quella povera creatura e tenerla in vita. Ormai trascorrevo tutte
le notti accanto a loro, per questo non ho risposto alla tua e-mail. Durante
quelle notti, la madre del bambino parlava spesso del suo compagno morto
tragicamente due anni dopo il matrimonio, per una banale parassitosi. La donna
credeva di essere maledetta, di essere destinata a perdere anche il bambino.
L'ultima notte ho parlato io della mia vita, ho mischiato vita privata e
lavoro. Lei mi aveva detto una frase che mi ha fatto riflettere: non donare
tutto il tuo amore agli altri, custodisci il tuo cuore per una persona che
possa donarti il suo>>.
Guardai Gabriel,
assorta nel suo racconto e incantata da quel mondo che avrei conosciuto presto
anche io.
<<Continua, ti
prego>>, lo incitai.
<<Io le ho
risposto che forse trascuravo troppo la mia vita per donare agli altri. Così
abbiamo iniziato a parlare… di te. L'amore fa paura solo perché abbiamo paura
di felicità, mi aveva detto quando stavo andando via dalla stanza per riposare
un po'>>, si bloccò e abbassò lo sguardo, imbarazzato. <<I farmaci
sono arrivati a destinazione dopo una settimana, fortunatamente prima che le
condizioni del bambino peggiorassero ancora. Sono andato subito dalla donna e
le ho mostrato il farmaco. Il viso della donna si è illuminato di gratitudine e
sollievo, poi è sparita dalla stanza lasciandomi solo con il bambino. Ho iniettato
il farmaco nella flebo e mi sono seduto accanto al bimbo per osservare le sue
reazioni>>.
<<Sei un medico
formidabile>>, commentai.
Gabriel rise e poi
scosse la testa. <<Non ho finito>>.
Mi morsi un labbro e lo
incitai a proseguire.
<<La donna è tornata
dopo qualche ora con questa scatola che ti ho mostrato, poi mi ha detto di
farti indossare questa collana durante il giorno più bello della tua
vita>>, mi spiegò indicando quel gioiello bianco e luminoso che rendeva
la scatola ancora più preziosa.
<<Questo è il
giorno più bello della mia vita. La magia della neve e la magia di questa
donna>>.
L'Italia e l'Africa
sono due continenti separati dal mare. Eppure in questo momento sentivo di
essere in entrambe i paesi. La neve imbiancava le strade di Firenze e la
scatolina calda proiettava un altro clima con la magia contenuta al suo
interno.
<<Allora puoi
indossarla anche oggi>>, mi disse Gabriel con un sorriso sulle labbra.
Lui si sollevò e prese
la collana dalla scatola in legno, mi fece alzare e si pose alle mie spalle.
<<Ecco>>,
disse non appena chiuse le due estremità con un nodo, poi mi fece voltare e
osservò il gioiello.
<<Mi piace molto,
ti ringrazio… e ringrazia pure la donna che te l'ha regalata>>, dissi
emozionata e desiderosa di stringere ancora il mio angelo tra le mie braccia.
Gabriel mi ammirava a
tre passi di distanza da me, immobile. La distanza mi faceva impazzire, ma
quando feci un passo per avvicinarmi a lui, Gabriel mi bloccò.
Senza smettere di guardarmi,
si chinò davanti a me e mi prese la mano. Mi guardò con amore e disse:
<<Michel Morot,
vuoi vivere realmente il giorno migliore della tua vita al mio fianco? Vuoi
sposarmi?>>.
Mi tremarono le gambe
quando udii le sue parole, davanti al suo sguardo insicuro e la voce tremolante.
La sua voce calda mi aveva colpito sin dentro l'animo. Gabriel mi amava, voleva
condividere la sua vita con me e l'aveva sempre saputo.
Feci un passo avanti e Gabriel
mi imitò, prendendomi tra le sue forti braccia in attesa della mia risposta. Avvicinai
il viso accanto al suo e lo baciai, agitata, emozionata, bisognosa di
dimostrargli l'amore che avevo tenuto nascosto per tanto tempo.
<<Sì>>,
sussurrai, scostandomi appena dalle sue morbide labbra. <<Io voglio
vivere realmente il giorno migliore della mia vita al tuo fianco. Io voglio
sposarti, Gabriel Duncan>>.
Capitolo 5
Gabriel dormiva
beatamente al mio fianco, la sua pelle liscia era illuminata dai primi raggi
del sole che penetravano nella stanza dalla finestra. Le lenzuola bianche
creavano una sorta di punto luminoso al centro della stanza, in cui l'immagine
del mio corpo accanto a quello di Gabriel poteva apparire angelica.
Gabriel aprì gli occhi
lentamente e, quando incrociò il mio sguardo, un sorriso si allargò sul suo
viso.
<<Buongiorno,
amore>>, mi sussurrò, con la voce leggermente roca.
<<Buongiorno>>,
gli dissi io, incantata ancora al suo corpo illuminato dalla luce. Un piccolo
miracolo, questo sole, dopo la caduta della neve.
Gabriel nascose il viso
tra le coperte, assonnato e ferito dalla luce. <<Non vedo nulla>>,
si lamentò.
Ridacchiai e poi gli
diedi una piccola spinta per farlo alzare dal letto. Non avevo intenzione di
trascorrere altro tempo dormendo, desideravo passare l'intera giornata con lui.
<<Svegliati! Vado
a preparare la colazione>>, annunciai. Lui mugugnò qualcosa e poi si nascose
sotto il lenzuolo. Andai in cucina e preparai la caffettiera, infine tirai
fuori tutte le merendine che "per miracolo" erano ancora dentro la
dispensa. Solitamente facevo fuori merendine e barattoli di nutella in poco
tempo, non ci trovavo nulla di male sinchè non ingrassavo. Apparecchiai
graziosamente il tavolo nel salotto e vi posai sopra la colazione, mentre
qualcosa dentro mi tormentava. Dovevo confessare a Gabriel l'iscrizione
all'associazione dei volontari. Pochi giorni fa, avevo pensato che Gabriel si
sarebbe infuriato con me, ma dopo il suo gesto d'amore le cose erano cambiate.
Forse sarebbe stato felice, oppure non avrebbe più voluto sposarmi perché il
volontariato mi avrebbe tenuto lontano da lui.
<<Per caso hai
invitato anche le tue amiche a colazione?>>, mi domandò Gabriel,
sgranando gli occhi davanti alla tavola imbandita.
Ridacchiai.
<<Laggiù probabilmente non mangiavi abbastanza. Sei dimagrito>>.
Lui si massaggiò la
pancia e poi mi guardò dolcemente. <<Sei molto premurosa, ma ricordati
che per un maschio questo non è un complimento>>.
Risi. <<Scusami,
sei più definito>>, mi riferii ai suoi muscoli, per non urtare il suo
orgoglio maschile.
Lui scoppiò a ridere.
<<Lasciamo perdere>>.
Ci accomodammo a tavola
e ognuno si servì. Gabriel si gustò il suo caffèlatte, mentre io preferii il
succo d'arancia.
<<Dovremmo
fissare una data per le nozze>>, disse tutto ad un tratto, facendomi
andare il succo d'arancia di traverso.
Tossii. <<Quando
preferiresti sposarmi?>>, balbettai.
<<Presto>>,
disse lui, sorridente e sicuro di sé.
<<In
primavera>>, proposi, mentre immaginavo il mio grande giorno sotto i rami
di un ciliegio fiorito. Un prato curato, colmo di petali di ciliegio, su cui
camminare mano nella mano con Gabriel.
<<Ci sto>>,
disse lui.
Sorrisi, incapace di
aggiungere un'altra parola. Era tutto meraviglioso, tutto ciò che avevo sempre
sognato. Avevo aperto il mio cuore e gli avevo confessato i miei sentimenti, e
adesso lui desiderava portarmi all'altare, sopra un prato fiorito.
<<A cosa
pensi?>>, mi domandò, vedendomi assorta.
<<Ai fiori di
ciliegio>>, risposi.
<<Vuoi un
matrimonio fiorito, all'aperto>>, dedusse, studiandomi in viso.
<<Hai capito
tutto>>.
<<Penso che sia
un'ottima idea>>, disse pensieroso. <<Fissiamo la data per la fine
di marzo, allora?>>.
Un battito intenso mi
soffocò per un attimo. Alzai lo sguardo verso il viso di Gabriel e notai la sua
impazienza nel ricevere una risposta. Forse temeva di correre troppo, perciò
spezzai subito il silenzio per non incorrere in ripensamenti.
<<È
perfetto>>, dissi sorridente, ma poi mi incupii quando ricordai il
segreto che avrei dovuto confessare.
<<Che
succede?>>, mi domandò Gabriel.
Sospirai. <<Qualche
giorno fa ho preso una decisione per il mio futuro. Sai benissimo che il lavoro
di gestione e consulenza non mi soddisfa più, e i guadagni… apriti cielo. Così,
mentre riflettevo sulla mia vita, ho preso una decisione importante. Osservavo
il calendario della tua associazione, ero incantata agli occhi del bambino che
avete salvato per miracolo. L'idea è arrivata come se fosse stato quello
sguardo stesso a suggerirmela>>, spiegai, leggermente impacciata.
<<Ti sto
ascoltando, continua>>.
<<Sono entrata nel
sito internet della tua associazione e ho fatto la richiesta di collaborazione,
chiedendo esplicitamente di far parte della tua squadra>>, parlai
velocemente, desiderosa di porre fine alla tortura.
La sua reazione mi
stupì e, incapace di aggiungere una sola parola, mi limitai a rispondere al suo
sorriso con un abbraccio. Strinsi il suo corpo e gli baciai una guancia, poi
poggiai la testa sulla sua spalla.
<<Sei proprio da
sposare. Se dovessi essere selezionata, non ci sarebbe più alcun problema per
la distanza>>, mi disse accanto all'orecchio.
<<Sì>>,
sussurrai, poi mi sedetti sopra la sua gamba per stare più comoda. <<La
distanza non sarà più un problema>>, aggiunsi.
Una nuova vita felice,
un impegno importante che avrei potuto svolgere accanto al mio futuro marito.
Nessuna barriera. Nessun ostacolo.
Capitolo 6
La data delle nozze era
ormai vicina, mancava circa un mese al grande giorno. Col passare del tempo
avevo realizzato, nella mia testa, che tutto ciò che mi stava accadendo era
reale, eppure in questo momento desideravo non dare importanza allo strano
atteggiamento di Gabriel. Preferivo fare finta di non aver udito il dolore
nella sua voce quando mi aveva chiamato. Desideravo credere che avesse voluto
invitarmi al parco solo per un romantico pic-nic.
Arrivai puntuale all'appuntamento,
ma Gabriel non era ancora qui. Decisi di aspettarlo all'ombra di un grande
salice, in mezzo alle piccole e premature margherite che rilasciavano un
profumo di primavera. Il cielo era cupo e furioso, minacciava di esplodere e
scatenare dei tuoni fragorosi, a dispetto della piccola atmosfera solare sotto
il salice. In lontananza si udiva già qualche tuono che avvisava l'intento del
cielo di questo pomeriggio. Mi sentivo protetta in questo piccolo angolo
primaverile, qualsiasi cosa fosse giunto dall'esterno del mio nido avrebbe
portato negatività. Un altro tuono, più vicino, mi fece sussultare, ma non
quanto l'arrivo improvviso di Gabriel. I suoi occhi avevano un riflesso gelido,
e io sapevo che dietro a quel freddo lui celava la paura di non essere
accettato.
<<Ciao,
tesoro>>, lo salutai, ma il mio fu più un bisbiglio.
Lui sollevò gli angoli
della bocca, mimando un sorriso, ma non ottenne altro che una smorfia di
dolore. Sentii un brivido lungo la schiena quando il suo viso mi trasmise la
sua angoscia. Temevo, più di ogni altra cosa, che lui tornasse a eclissarsi dietro
a quella misera corazza, nascondendomi il suo spirito gioioso e pieno d'amore.
Era come avere un peso sul torace che diventava sempre più gravoso, e più
continuavo a respirare e più questo si appesantiva.
Gabriel si avvicinò
lentamente verso di me e, nello stesso momento in cui mise piede nel mio nido
sicuro, cominciò a piovere con violenza.
Qualsiasi cosa fosse
giunta nel mio nido sicuro, avrebbe portato la pioggia. Non c'era più la
primavera, le margherite non profumavano più.
Mi alzai di scatto e
Gabriel mi prese la mano senza stringerla, senza trasmettermi calore. Quella
stretta, tanto più era delicata tanto più mi feriva.
<<Sotto
l'arco>>, disse lui, tirandomi la mano mentre correva.
Ci rifugiammo sotto un
arco fiorito, accanto al piccolo lago adiacente al parco. Gabriel si voltò
verso di me, fece un respiro profondo e parlò velocemente:
<<Devo partire,
ho ricevuto la comunicazione la notte scorsa. Dobbiamo annullare il
matrimonio>>.
Sgranai gli occhi e
temetti, allo stesso tempo, di perdere l'equilibrio. Ormai il fiato mi mancava,
respirare diventava sempre più difficile.
<<Respira, ti
prego>>, mi disse lui, quando per un attimo si liberò della sua corazza,
ma si rabbuiò nuovamente.
Aveva detto
"annullare", non "rimandare". Non ero sconvolta dalla sua
partenza, perché a me non importava dividere il suo amore con la sua passione.
La sua corazza, la sua gelida armatura era tornata a ferirmi.
<<Gabriel, io non
ti ho chiesto di rinunciare alla tua passione per me. Questo lo sai
bene>>.
Lui sorrise per un
attimo, mostrandomi un poco del suo cuore, ma un pensiero improvviso tornò a
rabbuiare quel ciel sereno.
<<Michelle,
perché fai tutto questo per me? Perché stai dietro a me? Potresti avere una
vita semplice, una storia normale con una persona che non avrebbe rinunciato a
sposarti per correre in un altro continente. Tu… perché lo fai? Io non mi
merito tutto questo>>.
Le lacrime bagnarono i
miei occhi e poi si dispersero nelle mie guance.
<<Io ti amo,
Gabriel. Quando ti ho confessato il mio amore, sono stata sincera. Io non
desidero nessun altro. Io amo te e lo farò sempre>>.
Lui si avvicinò e mi
accarezzò una guancia, sorridendo dolcemente.
<<Ti amo,
Michelle. Ti amerò per sempre>>, sussurrò e poi mi baciò con trasporto,
stringendomi forte sotto quell'arco fiorito. Accanto a noi i boccioli del
ciliegio attendevano di sbocciare durante un gesto d'amore. Quello sarebbe
stato il posto perfetto per il nostro matrimonio, ma i petali del ciliegio
sarebbero caduti dall'albero anche senza di noi. Quei petali avrebbero formato
un tappeto fiorito sopra l'erba fresca, accanto alle margherite, inebriando gli
innamorati che si sarebbero giurati amore eterno sotto questo meraviglioso arco.
Non era ancora giunta
la primavera per noi. Avrei dovuto accettarlo. Ci sarebbe voluto altro tempo,
ancora. Oppure non sarebbe arrivata mai. Non avevo certezze sul nostro futuro,
ma una cosa la sapevo… e questa era la cosa più importante: Gabriel mi amava e
l'avrebbe fatto per sempre.
Capitolo 7
Il profumo della
cioccolata calda mi dava un briciolo di vita, mentre ancora, dentro di me,
sentivo il dolore delle ceneri di un fuoco ormai spento. Flash dei momenti
trascorsi con Gabriel si proiettavano davanti ai miei occhi, su quella parete spettatrice
del giorno più bello della mia vita. Quella parete bianca. Bianca come il
gioiello che avrei dovuto indossare in primavera. Bianca come quei petali di
ciliegio. Bianca come… il nulla.
Non desideravo darmi
per vinta, volevo lottare ancora per il nostro amore, ma avevo bisogno anche di
dare sfogo al dolore che portavo dentro. Desideravo farmi del male rivivendo,
come un film, quei giorni meravigliosi trascorsi accanto a Gabriel.
Un suono proveniente
dal pc disturbò i miei ricordi, proiettandomi immediatamente al presente. Mi
avvicinai al computer e spostai il mouse, interrompendo lo screen-saver con le
foto dei petali di ciliegio che cascavano sul ritratto di Gabriel. La casella
elettronica conteneva un nuovo messaggio, con un piccolo punto interrogativo
per distinguersi dagli altri messaggi.
Aprii la piccola busta
e sussultai.
From:
GuioniPAnselmo@amainas.it
Sent:
18/02/2013 07:45 PM
To:
MichelleMorot@gmail.it
Subject: Benvenuta nel team volontari Aida
Mainas
Gentilissima Michelle,
abbiamo accolto con piacere la sua candidatura
per offrire il suo tempo nel nostro campo Aida Mainas. In quanto non possiede
conoscenze nell'ambito della medicina possiamo proporle attività alternative.
Ricordi che essere una volontaria non implica la necessità di aver compiuto
degli studi. Abbiamo a disposizione altre attività per lei: consegna dei
viveri, preparazione dei viveri, assegnazione dei posti letto nei reparti,
insegnamento della lingua inglese e\o
italiana ecc…
Spero che lei abbia già effettuato le
vaccinazioni necessarie, suggerite nelle scorse e-mail, perché abbiamo bisogno
del suo aiuto immediato nel campo.
La attendiamo per il 21\03\2013. La preghiamo
di prenotare immediatamente un volo per la data indicata, diretto all'aeroporto
di Mombasa. Troverà un'automobile di un suo collega volontario che la scorterà
direttamente nel nostro campo.
Non appena effettuerà la prenotazione,
mi faccia sapere l'ora esatta dell'arrivo così possiamo organizzarci per
venirla a prendere all'aeroporto.
Quasi dimenticavo, gentile Michelle, abbiamo
accolto la sua richiesta di inserimento nel team del dottor G.Duncan.
Dottor Guioni Paolo Anselmo
Responsabile Ass. Aida Mainas volontari.
Mi tremavano le mani mentre rileggevo per
l'ennesima volta l'e-mail. Credere nel destino era sempre stato inaccettabile,
ero sempre stata dell'opinione che ogni evento dipendesse dalle nostre mani, ma
in questo momento non riuscivo a dare un'altra spiegazione a ciò che stava
accadendo. I fiori di ciliegio sarebbero sbocciati in primavera, lontano da me
e Gabriel, ma sarebbero sbocciati anche per noi. Era il profumo della primavera
quello che sentivo, era la magia della neve, era il secondo giorno più bello
della mia vita.
Capitolo 8
Arrivai all'aeroporto
di Mombasa puntuale, dopo un viaggio molto turbolento. Avevo avuto il piacere,
durante il volo, di godere di vari panorami. L'ultimo mi lasciò con il fiato
sospeso: l'Arabuko Sokoke Forest, a 110 kilometri da Mombasa. Una grandissima e
meravigliosa foresta tropicale. Un giorno avrei potuto visitarla con Gabriel,
se lui ancora avesse desiderato sposarmi. Malgrado l'euforia e il desiderio,
una vocina sgradevole e pessimista, in particolar modo difensiva, mi diceva di
stare con i piedi per terra. Per questo il viaggio in aereo non fu piacevole,
il peso sullo stomaco e la vocina non facevano che tormentarmi.
<<Miss
Morot?>>, una voce tonante alle mie spalle mi fece sussultare. Mi voltai
di scatto e mi accorsi della presenza di un uomo che mi attendeva su una jeep,
con un sorriso accogliente.
<<Yes. It's
me>>, risposi un po' delusa. Avrei desiderato che fosse stato Gabriel a
venire da me, ma forse lui neanche sapeva del mio arrivo. Bene. Gli avrei fatto
una sorpresa.
<<Come on, Miss Morot. They wait for us>>. L'uomo nella jeep mi
invitò a seguirlo perchè ci attendevano al campo. Aprii la portiera e mi
sedetti nella jeep, salutando nuovamente il mio compagno di viaggio.
<<What's your name?>>, gli domandai.
<<I'm Oliver. I help the doctor with his patient… I'm only an
assistant>>. L'uomo barbuto si chiamava Oliver e faceva l'assistente di
un dottore. Mi stupiva la conversazione leggera e tranquilla con Oliver durante
il viaggio, non mi aspettavo di trovare persone provenienti anche da altri
continenti. Ma infondo, qui eravamo tutti uguali. Tutti con lo stesso fine:
aiutare il prossimo.
Oliver era molto
simpatico e socievole, parlava del più e del meno e della vita al di fuori
dell'Africa, mentre io morivo dal desiderio di sentir parlare di Gabriel.
Arrivammo a Likoni dopo
circa due ore, dopo aver attraversato anche il fiume a bordo di un traghetto.
Il ferry boat, mi aveva spiegato Oliver, era una sorta di traghetto che faceva
la spola da una riva all'altra.
Quando raggiungemmo la
riva opposta del fiume, ci accolse un altro volontario a bordo di una jeep. Faceva
davvero caldo, al punto che non ero più certa di potermi abituare a queste
temperature. Avevo la fronte imperlata di sudore e la piccola bottiglia d'acqua
era già finita.
Non appena arrivammo a
destinazione, l'autista suonò il clacson e alcune persone si avvicinarono a
noi. Ciò che mi fece scordare l'aria afosa e la sete, fu l'arrivo di due
piccoli bambini sorridenti, accompagnati da un prete basso e buffo.
<<Benvenuta
Michelle, ti presento Nicola e Mattia, sono i nostri piccoli bambini>>,
mi disse il prete.
Scesi con un balzo
dalla jeep e diedi la mano ai bambini, per presentarmi.
<<Parlano
italiano?>>, mi rivolsi al prete, mentre sorridevo a Nicola che mi guardava
con tenerezza.
<<Sì, Michelle.
Loro sono i nostri bambini>>, continuò il prete.
<<Ciao, io mi
chiamo Michelle. Ma siete grandi… quanti anni avete?>>, domandai
intenerita dal loro sguardo. Nicola mi guardò sollevando le spalle, felice che
l'abbia definito un po' più grande. A tutti i bambini piace sentirsi dire che
sono grandi, perché loro vogliono fare ciò che fanno i loro genitori o tutori.
Nicola mi rispose in
italiano, dicendomi che aveva sette anni, mentre Mattia, timido, si nascose
dietro la gamba del prete, sorridendomi quando a volte sbucava dal suo
nascondiglio.
<<Accompagniamo
la vostra maestra nella sua tenda>>, disse il prete, rivolgendosi ai
bambini.
Scoprii così la mia
occupazione nel campo. Adoravo i bambini e insegnare loro la nostra lingua mi
avrebbe riempito il cuore di gioia.
Il prete mi accompagnò
in un piccolissimo edificio fatto di legna e rivestito con una spessa tenda,
facendomi gli onori di casa.
<<Questa è la sua
stanza, signorina. Spero che il poco spazio non sia motivo di sofferenza per
lei, abbiamo fatto il possibile per crearle un ambiente sano e comodo>>.
Sgranò gli occhi e si portò una mano sulla fronte. <<Che sciocco, non ho
avuto modo di presentarmi. Io sono padre Antonio Mainas>>.
<<Mainas, dice?
La fondatrice dell'associazione è una sua parente?>>, gli domandai,
curiosa.
<<Sì>>,
disse lui, poi alzò gli occhi al cielo e si portò una mano sul cuore.
<<Lei era mia madre. Porto il suo cognome perché lei non sposò mai mio
padre. Ma io non faccio a mio padre una colpa di ciò>>.
<<Lei porta
avanti il progetto di sua madre, è una persona di gran cuore>>, risposi
comprensiva.
<<Grazie,
Michelle. Ma dammi pure del tu. Il dottor Guioni mi ha riferito che desideravi
seguire il dottor Duncan, non ho creduto che si trattasse di una faccenda
lavorativa. Mi sbaglio?>>, mi domandò il prete, leggermente imbarazzato.
Arrossii e mi ricordai
che mentire a un prete non era una mossa saggia. Così… decisi di confessare
tutto.
<<Premetto che la
mia scelta non dipende dal dottor Duncan, ma ho chiesto di seguire il suo team
perché desideravo averlo al mio fianco>>, risposi con lo sguardo basso,
preoccupata di essere spedita nuovamente in Italia, ma quando alzai gli occhi
incrociai un sorriso comprensivo e amorevole.
<<Leggo nei tuoi occhi
che l'amore ti ha portato sino a questo punto. Non vedo più tanto spesso quella
scintilla quando celebro un matrimonio>>, mi disse, poggiandomi una mano
sulla spalla. <<Vai da lui, Michelle. Nella tenda numero tre, è la terza
sulla sinistra>>.
Gabriel era a pochi
passi da me e non sapeva che ero qui con lui. Potevo fare solo una cosa: uscire
e correre verso la tenda numero tre. E così feci. Uscii dalla tenda e il sole
mi colpì quasi accecandomi, ma anche senza il senso della vista sapevo che sarei
giunta a destinazione. Portai una mano sulla fronte per riparare gli occhi,
mentre cercavo la tenda numero tre. Non appena la trovai, scattai in avanti,
rischiando di far inciampare una volontaria che veniva verso di me. Accelerai
il passo e superai la tenda numero uno, passando tra persone che provenivano da
ogni parte del mondo che mi guardavano come se fossi pazza. Non avevo più fiato
mentre correvo, tossivo e continuavo a correre verso la tenda numero tre.
Superai la tenda numero
due e aumentai la velocità della corsa. Il traguardo era vicino, ormai. E anche
se era faticoso e difficile, non mollavo perché sapevo che il traguardo sarebbe
stato la mia vittoria. Sarebbe stato il lieto fine, e in questo ci sarebbero
stati i fiori di ciliegio. Il profumo della primavera era sempre più vicino,
sempre più intenso.
Arrivai al traguardo e
mi fermai sulla soglia, prima di stracciare il nastro che mi avrebbe reso
consapevole dell'arrivo. Sbirciai prima di entrare, perché volevo essere certa
di ciò che avrei trovato al traguardo. Ed eccolo lì, il mio angelo, chino su un
paziente che stava guarendo a giudicare dal suo sorriso.
Ricordai subito di aver
portato con me la collana bianca, così decisi di indossarla. Mi affacciai
nuovamente alla finestra e osservai il clima famigliare che si era instaurato
tra Gabriel e il suo paziente. La madre lo guardava con adorazione mentre
parlava. Sospirai e decisi di non disturbarlo, ma di assistere a quell'attimo.
Appoggiai un gomito sul bordo della finestra, per reggermi e assistere in
silenzio, ma il peso del mio corpo fece scricchiolare il legno , attirando
l'attenzione della madre del bambino. Temetti di aver disturbato Gabriel, così
abbassai la testa e mi nascosi sotto la finestra. I volontari intorno alla
tenda ridacchiavano e mi indicavano.
Una voce femminile,
all'interno della tenda, portò una mano al collo, disegnando con le dita una
collana. <<Sposa… Masai>>, disse poi con gli occhi sgranati.
Non capii le parole
della donna, ma intuii che si riferisse al gioiello che portavo al collo. Le
donne Masai celebrano il loro matrimonio indossando teli colorati e gioielli
bianchi.
Il cuore mi batteva
forte, potevo sentirlo tutta rannicchiata sotto la finestra, mentre nascondevo
il volto tra le mani. Le gambe mi tremavano e, codarda, attendevo che Gabriel
capisse e venisse da me.
Il profumo della
primavera mi inebriò, insieme a un altro profumo che conoscevo bene.
<<Michelle>>.
Non c'era più il
terreno arido e triste. I petali del ciliegio erano ai miei piedi e si
estendevano per tutto il campo. In questo giorno arrivò la primavera e mi
regalò il secondo giorno più bello della mia vita.
Mi alzai e mi lanciai
tra le braccia di Gabriel, tra un vortice di petali di ciliegio.
<<È arrivata la
primavera>>, mi sussurrò con voce calda e amorevole, lontana dalla sua
corazza fredda e crudele. E in quel momento persi il controllo delle mie
emozioni, le lacrime scesero sul mio viso inumidendolo di felicità.
<<Ne sento il
profumo. Come quello dei petali del ciliegio>>, dissi emozionata, mentre
stringevo le braccia intorno al suo collo.
Lui mi sollevò e mi
strinse i fianchi, mi osservò dal basso e sorrise.
<<Questo è il
giorno più bello della mia vita>>, mi disse.
<<La nostra
primavera>>, sussurrai. Osservai i suoi occhi e, quasi senza
accorgermene, lui li chiuse per baciarmi. Esplose un applauso alle nostre
spalle, ma noi non sentivamo altro che noi stessi. Immersi in un bacio che
sapeva di primavera, totalmente annebbiati da un vortice di petali di ciliegio.
FINE
Si nota il miglioramento stilistico della scrittrice rispetto agli scritti precedenti, dunque i miei complimenti. Certamente l'ambientazione di sfondo della storia è pregevole e toccante, difatti oltre ai sentimenti espressi dai protagonisti, si è spinti a riflettere sulle differenze del mondo. Brava.
RispondiElimina